Il maresciallo Giangrande torna a parlare: "Preiti? Non voglio nemmeno vederlo"

Redazione

Cronaca

Il maresciallo Giangrande torna a parlare: "Preiti? Non voglio nemmeno vederlo"
Il maresciallo e la figlia Martina si raccontano ad "Alive - Storie di sopravvissuti"

18 Gennaio 2016 - 00:00

Sono passati poco più di due anni, dal giorno in cui il maresciallo Giuseppe Giangrande (all'epoca brigadiere), rimase ferito da un proiettile sparato dalla pistola di Luigi Preiti a Palazzo Chigi a Roma, durante il giuramento del governo Letta. Non è la prima volta che rilasciano un'intervista, ma questa volta, Giuseppe e la figlia Martina, hanno aperto le porte della loro casa e hanno ospitato le telecamere di "Alive – Storie di sopravvissuti", il noto programma di Rete 4 condotto da Vincenzo Venuto, per un'intervista,come riporta il quotidiano La Nazione. Hanno raccontato aspetti privati della loro vita, mostrando l'album fotografico di famiglia, dal matrimonio con la moglie Letizia, fino alla prematura scomparsa della donna nel 2013. "Ho sempre voluto fare il carabiniere – ha raccontato il maresciallo, che al tempo del ferimento era brigadiere – Sono partito a poco più di 17 anni. Mi sono sposato presto e poi è nato il fiore della mia vita, Martina". Il maresciallo racconta il giorno del suo ferimento: "Mi si avvicina questo signore (Luigi Preiti, ndr) e mi chiede: posso passare? Era molto tranquillo. Quando ho finito di dargli l'indicazione che mi aveva chiesto mi sono sentito mancare. Dal mancamento allo stramazzare per terra è stato tutt'uno. Io stavo a settanta centimetri da lui: mi piace guardare le persone in faccia. Non ho sentito nemmeno lo sparo. Poi sono rimasto cosciente fino a quando non sono entrato in sala operatoria. Ero a terra e pensavo a Martina. La prima cosa che mi è uscita fuori è stata la mia bambina. Subito dopo gli spari gli altri componenti della squadra lo hanno bloccato". Giuseppe racconta in modo dettagliato, quello che è successo il giorno che si è svegliato: "Quando mi hanno detto che ero rimasto paralizzato – ha spiegato Giangrande – non aveva importanza, contava che parlassi e vedessi Martina". Ed è lei a questo punto che racconta al giornalista: "La dottoressa mi disse di provare a parlargli. Era in coma farmacologico, ma rispondeva agli stimoli esterni e mi disse che poteva anche risvegliarsi. L'ho chiamato due volte e alla terza si è svegliato. E' stato rincuorante". Martina ha ricordato anche la conferenza stampa tenuta subito dopo il fatto e che rivela, essere stata voluta fortemente proprio da lei, quando – come scrive La Nazione – commosse l'Italia con le sue parole sincere: "Sono fiera ed orgogliosa di mio padre – disse – che ha dedicato tutta la sua vita al rispetto delle istituzioni. Ora penso a me e mio padre, ci definivamo un piccolo esercito sgangherato". "Io ho una battaglia da combattere tutti i giorni per riuscire a vincere la guerra" continua Giangrande, con la figlia Martina a fagli eco: "Non abbiamo un piano B, non dobbiamo farci abbattere o spaventare. Se io mi fossi abbattuta, lui non sarebbe qui. Ho detto: va bene, da oggi viviamo una vita diversa". Giuseppe e Martina, da quel giorno, hanno ricevuto tanta solidarietà, ma anche commenti indicibili e offese per loro, fatti da folli e fanatici. "La solidarietà che ho ricevuto? Vorrei ringraziare tutti, il professor Del Popolo e la sua équipe che si stanno prendendo cura di me, il comandante generale dell'Arma generale Del Sette e il comandante uscente Gallitelli e tutti i membri dell'arma dei carabinieri. Tutti. Nessuno escluso: è la mia famiglia molto allargata ed esserne membro è un grande piacere e onore".  Non manca infine un accenno a Preiti, l'uomo, condannato in primo grado con sentenza confermata in appello: "Per me è una persona insignificante. C'erano altri modi per dimostrare il suo dissenso. Non c'è niente che vorrei dirgli. Non lo voglio neanche vedere. Perché persone del genere, prima di dire "voglio uccidere i politici" o "ho visto voi come ostacolo e schiavi del sistema", non lo reputo una persona da considerare, o da poterci parlare". "Perdonarlo? – dice Martina – non lo prendo in considerazione e comunque non mi risolve niente, non mi rende la vita che avevamo".

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