La morte del bandito Salvatore Giuliano, dopo più di mezzo secolo, torna d’attualità e con essa anche la vicenda che lega l’ultimo atto alla città di Monreale. Nell’ormai famoso film di Francesco Rosi “Salvatore Giuliano”, il bandito muore per mano del cugino Gaspare Pisciotta, il cui ruolo era interpretato da Frank Wolf, il quale, secondo la versione ufficiale dei fatti, lo fa fuori nel sonno a Castelvetrano e, dopo averlo ripulito e rivestito, lo porta nel cortile di un palazzo, dove i Carabinieri, agli ordini del Colonnello Ugo Luca e del Capitano Antonio Parente, mettono in scena, un falso conflitto a fuoco, nel quale Giuliano rimane ucciso. Oggi, grazie all’opera “Sicilia nella storia”, composta da tre volumi finanziati dalla Presidenza della Regione Siciliana per le edizioni Dario Flaccovio, scritta da Michele Antonio Crociata, il quale per quaranta anni è stato docente di storia nei licei, la tesi viene sovvertita ed entra in scena Monreale. Crociata scrive alla pagina 231 di uno dei tre citati volumi che Salvatore Giuliano venne ucciso nella monrealese “Villa Carolina” il 3 luglio 1950. Il bandito, secondo la tesi dello Storico e secondo le testimonianza raccolte da lui stesso attraverso persone ancora in vita e tra queste la sorella dello stesso Pisciotta, non venne ucciso dal cugino, ma bensì dal bandito monrealese Nunzio Badalamenti. Ma raccontiamo meglio i fatti narrati da Crociata: Nunzio Badalamenti, doveva essere detenuto nel carcere dell’Ucciardone, ma per ordine dei Servizi Segreti, venne posto in libertà, proprio per partecipare all’omicidio, per poi tornare in carcere ed attendere di essere gratificato dallo Stato per il servizio reso. Turiddu, come i fedelissimi amavano chiamare la “primula” di Montelepre, consuma una cena a “Villa Carolina” ed è lì che Gaspare Pisciotta riesce a versare del sonnifero nel vino del bandito, il quale, stordito, si mise a letto cadendo in un sonno che gli fu fatale. A questo punto, il Pisciotta lascia Turiddu, dopo averlo legato con il fil di ferro ai polsi ed alle caviglie, nelle mani di Nunzio Badalamenti e corre ad avvertire i due capi mafia di Monreale, Minasola e Miceli, i quali, a loro volta, erano stati incaricati di avvisare il Colonnello Ugo Luca ed il Capitano Antonino Perenze. Badalamenti, nel frattempo rimasto solo, pensando alla taglia che pendeva sul capo di Salvatore Giuliano e convintosi che gliene fosse toccata almeno una parte, sparò tre colpi di pistola sul bandito ormai incosciente, uccidendolo nel sonno. Pisciotta, Miceli e Minasola, appreso del gesto compiuto da Badalemnti, vennero colti dal terrore, poiché questo non rientrava negli accordi stipulati con i Carabinieri, i quali invece, accolsero positivamente la notizia della morte del bandito e per attribuirsi il merito dell’uccisione di Turiddu che non poteva di certo passare alla storia così come era avvenuta, rivestirono il cadavere, ripulirono per bene il luogo dell’omicidio e, nella notte fra il 4 e 5 luglio, lo portarono a Castelvetrano, organizzando la messa in scena del conflitto a fuoco. Ricordiamo che la vicenda ad oggi coperta da “Segreto di Stato”, sarà svelata, scaduti i termini, nel 2016: non manca quindi molto agli Italiani ed ai Siciliani, in particolare, per conoscere la verità e per sapere quindi, se la tesi dello Storico castellammarese Michele Antonio Crociata, risponda a verità. (Nella foto di Chiaramonte, Salvatore Giuliano ritratto sul promontorio di Montelepre)