Tre provvedimenti di sequestro ai sensi della normativa antimafia, emessi rispettivamente dai Tribunali di Palermo e Trapani e dalla Corte di Appello di Palermo – Sezione I^ Penale, sono stati eseguiti dalla Guardia di Finanza di Palermo che ha messo i sigilli a complessi aziendali, terreni, quote di società, disponibilità finanziarie e veicoli, per un valore complessivo di oltre 6,6 milioni di euro. Interessato dal primo sequestro è un imprenditore settantenne, originario di Chiusa Sclafani, tratto in arresto nell’aprile 2009 per associazione mafiosa e truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, aggravata dal metodo mafioso, che, unitamente ad altri imprenditori originari di Polizzi Generosa, poi risultati esponenti di spicco della locale famiglia mafiosa, era attivo nell’acquisizione e gestione di attività economiche attraverso cui ha curato l’attribuzione indebita di diversi appalti pubblici e privati e di ristrutturazioni finanziate con fondi pubblici. Decisive per l’emissione del decreto di sequestro da parte della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, le indagini finanziarie svolte dal Nucleo di polizia tributaria del capoluogo siciliano che hanno fatto emergere l’esistenza di rapporti bancari su cui il soggetto era delegato ad operare, con piena operatività, intestati ad una società formalmente amministrata da una terza persona, suo parente e dipendente di una cooperativa allo stesso riconducibile; le disponibilità rinvenute su tali rapporti sono stati quindi ritenuti il frutto del reimpiego dei reati di truffa aggravata ai danni dello Stato ed associazione mafiosa, con conseguente sequestro dell’intero complesso aziendale e delle quote di questa società, oltre ai saldi attivi di tre conti correnti, per un totale di oltre 780 mila euro. Il secondo sequestro, disposto dal Tribunale di Trapani, ha interessato un settantanovenne originario di Marsala, già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno e condannato in via definitiva dalla Corte di Appello di Palermo per associazione mafiosa, quale «uomo d'onore» della famiglia marsalese, nel marzo 2010 coinvolto in una operazione di polizia che ha colpito la rete dei presunti fiancheggiatori del latitante Matteo Messina Denaro. Già nel 2012, nell’ambito di un’inchiesta della Guardia di Finanza, il Gip del Tribunale di Marsala aveva disposto a suo carico il sequestro di due appartamenti e di alcuni terreni agricoli, per omessa segnalazione di variazioni patrimoniali, come previsto dalla normativa antimafia. A seguito delle ulteriori indagini economico – finanziarie eseguite dalle Fiamme Gialle del Gruppo d’Investigazioni sulla Criminalità Organizzata – GICO – del Nucleo di polizia tributaria di Palermo, sono ora emersi ulteriori beni e disponibilità risultati del tutto sproporzionati ai redditi ufficiali del suo nucleo familiare, ritenuti quindi frutto della sua militanza nell’organizzazione mafiosa. Sequestrate a suo carico due aziende agricole e di allevamento di ovini, nonché numerosi terreni coltivati a vigneti nella periferia di Marsala per un valore complessivo di oltre 4,3 milioni di euro; nel corso delle indagini della Guardia di Finanza, è altresì emerso che una delle aziende agricole sottoposte alla misura cautelare ha usufruito indebitamente di contributi pubblici per circa 25 mila0 euro, non avendo ottemperato alla normativa statale e comunitaria in tema di prescrizioni autorizzative e identificazione dei capi di bestiame, nonché alle disposizioni sanitarie per l’allevamento di animali. Il terzo provvedimento è stato emesso dalla Corte di Appello – Sezione 1^ Penale – del capoluogo siciliano, in accoglimento della proposta avanzata dalla locale Procura Generale, ai sensi dell’art. 12 sexies della L. 356/92, che prevede, in caso di condanna per uno dei gravi reati in esso previsti, la confisca dei beni nella disponibilità diretta o indiretta del condannato di valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati. L’operazione è la risultante di investigazioni economico – finanziarie svolte dal GICO del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo nei confronti di un cinquantanovenne di Palermo, condannato definitivamente nel 2010 a sette anni di reclusione per associazione mafiosa, quale soggetto ritenuto “vicino” alla famiglia di Palermo – Santa Maria di Gesù. Secondo gli accertamenti delle Fiamme Gialle, il nucleo familiare del soggetto disponeva di fonti di reddito ufficiali incompatibili con le possidenze immobiliari e mobiliari ricostruite e, in particolare, con l’avvio di un’attività commerciale di rivendita di carburante al minuto. Sequestrati nei suoi confronti un’azienda di distribuzione di carburanti in Palermo, veicoli e disponibilità finanziarie del valore complessivo di oltre 1,5 milioni di euro, ritenuti di provenienza illecita. Ecco l’elenco dei beni sequestrati ad Antonino Bonafede: Complesso dei beni aziendali della ditta individuale “Bonafede Antonino”, sita a Marsala, operante nel settore di allevamento di ovini; Complesso dei beni aziendali della ditta individuale “CENTONZE Vincenza”, sita a Marsala, operante nel settore di allevamento di ovini; 12 terreni coltivati a vigneti. VALORE DEI BENI IN SEQUESTRO: € 4.356.241,00 Elenco dei beni sequestrati ad Antonino Vaccaro Complesso dei beni aziendali della società: “Gaia Edilizia Srl”, con sede a Prato; Conti Correnti. VALORE DEI BENI IN SEQUESTRO: € 780.000 Elenco dei beni sequestrati a Ruggero Vernengo Impresa individuale Vernengo Giovanni (Stazione di Servizio Esso), con sede a Palermo; conti correnti; 2 autoveicoli ed 1 motociclo. VALORE DEI BENI IN SEQUESTRO: € 1.521.805.000