Addio a 52 comuni siciliani. È stato approvato il ddl con il quale si dà l’avvio alle città metropolitane: Catania, Palermo e Messina. Queste tre città racchiuderanno al loro interno 52 comuni con questo schema: Palermo: Altavilla Milicia, Altofonte, Bagheria, Belmonte Mezzagno, Bolognetta, Capaci, Carini, Casteldaccia, Cinisi, Ficarazzi, Isola delle Femmine, Misilmeri, Monreale, Santa Cristina Gela, Santa Flavia, Terrasini, Torretta, Trabia, Ustica, Villabate. Catania: Aci Bonaccorsi, Aci Castello, Acireale, Aci Sant'Antonio, Camporotondo Etneo, Gravina di Catania, Mascalucia, Misterbianco, Motta Sant'Anastasia, Nicolosi, Pedara, San Giovanni La Punta, San Gregorio di Catania, San Piero Clarenza, Sant'Agata Li Battiati, Trecastagni, Tremestieri Etneo. Messina: Alì, Alì Terme, Fiumedinisi, Furci Siculo, Itala, Mandanici, Nizza di Sicilia, Pagliara, Roccalumera, Rometta, Saponara, Scaletta Zanclea, Villafranca Tirrena. In pratica questi comuni diventeranno una sorta di municipalità senza sindaco né giunta, ma con un presidente del consiglio. Ovviamente le città metropolitane saranno guidate da un sindaco ad hoc eletto dai cittadini. Siamo solo nella fase sperimentale, visto che il ddl deve ancora affrontare l’ars, ma già sono scoppiate le proteste dei sindaci dei 52 comuni. Che vedono tremare la loro sedia. Secondo la bozza di ddl, le aree metropolitane si occuperanno di settori oggi di competenza della Regione, come gestione dei rifiuti, beni culutrali, fondi europei ed edilizia popolare oltre alla gestione di quanto già competeva prima. Il ddl si inserisce nell’ambito del riordino dell’assetto istituzionale in seguito all’abolizione delle Province. Infatti, parallelamente al ddl sulle città metropolitane camminerà all’Ars anche quello per l’istituzione dei Liberi consorzi di comuni, strutture sovracomunali che consentiranno ai paesi di gestire insieme alcuni servizi per creare risparmi. Palermo, Catania e Messina, avrebbero la metà circa dell’intera popolazione siciliana, mentre il resto sarebbe diviso in consorzi da almeno 150 mila abitanti, quindi secondo calcuni calcoli, sarebbero 16. L’assessore agli Enti Locali, Patrizua Valenti, ha però tranquillizzato tutti. I comuni perderanno alcuni poteri ed una grossa fetta di autonomia, ma non perderanno la loro identità. Ed avranno, ha assocurato l’assessore, dei rappresentanti che garantiranno i loro interessi. Secondo il Ddl, infatti, i cittadini dovranno eleggere un presidente ed un consiglio, composto da 5 persone (presidente compreso) nei comuni con meno di 15 mila abitanti, da 7 in tutti gli altri.
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