Redazione

Cronaca


La storia non a lieto fine di un cucciolo caduto dal nido e del tentativo, vano, di un ragazzo di farlo recuperare dagli organi competenti

18 Gennaio 2016 - 00:00

La foto del giorno, oggi è una storia triste. Di indifferenza. Una favola che non ha il lieto fine. E che sembra, almeno all’inizio, la riproposizione del romanzo di Luis Sepulveda, “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, pubblicata nel 1996. Ce la invia Giuseppe Rosafio, che lavora al Policlinico. Al termine del suo orario di lavoro, l’attenzione di Giuseppe viene attirata da alcuni versi strani. Si accorge così, di un cucciolo di gabbiano, probabilmente caduto da un nido. È impaurito e non si lascia prendere. In cielo si sgorgono dei gabbiani che emettono dei richiami ed il piccolo sembra rispondere con lamenti strazianti. “Non volevo lasciare il cucciolo lì e quindi ho chiamato la Lipu”. Dagli uffici gli hanno fatto sapere che non avrebbero inviato nessuno per prelevare l’uccello, ma che doveva essere lui a catturarlo e portarlo al distaccamento di Villagrazia. “Ma come avrei dovuto fare?”, dice Giuseppe. Un po’ infastidito per la situazione, Giuseppe compone il numero dei carabinieri. “Mi hanno detto di chiamare la polizia municipale. Dopo svariati tentativi mi hanno finalmente risposto e mi hanno detto che loro non se ne potevano occupare e di contattare la Forestale. Ho fatto così ed anche qui mi hanno detto che loro si occupano principalmente di incendi”. Inoltre gli hanno detto di lasciarlo lì, “tanto la madre se lo verrà a riprendere”. Un “giro” che non ha portato al lieto fine. Il cucciolo di gabbiano non si lasciava avvicinare con facilità e Giuseppe si è dovuto rassegnare a lasciarlo lì, con la speranza, ma davvero flebile, che la mamma potesse davvero andare a recuperarlo. O magari, come nel romanzo di Sepulveda, ci sarà un Zorba che si prenderà cura del cucciolo.

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