Una cerimonia in ricordo del presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella, ucciso dalla mafia 36 anni fa, in via Libertà, dove nel giorno dell’Epifania del 1980 il politico democristiano fu ucciso – sotto gli occhi della moglie Irma e ai suoi due figli Bernardo (20 anni) e Maria (18 anni). “E’ rimasta ancora qualche ombra – ha detto il presidente del Senato Pietro Grasso – ma non dispero che la verità prima o poi salti fuori”.
A rendere omaggio, oltre al presidente del Senato, anche il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, il governatore Rosario Crocetta, il sindaco Leoluca Orlando, il nuovo prefetto Antonella De Miro e altre autorità politiche e militari, i vertici delle forze dell’ordine e una piccola folla di cittadini. Mattarella viene ricordato anche nella natia Castellammare del Golfo.
“L’emozione è sempre la stessa dopo tanti anni – ha detto il presidente del Senato – e Piersanti Mattarella rimane un simbolo ancora attuale di quell’idea di rinnovamento della Sicilia che è stata compiuta con lentezza e con il sacrificio di tanti uomini ma che ancora non è conclusa. Dobbiamo continuare a mobilitare sia le istituzioni che i cittadini, tutte le risorse, le speranze e la partecipazione per potere avere quella mobilitazione generale per realizzare quel che Piersanti voleva: un Paese migliore, cambiato fuori dalle beghe della corruzione e del malaffare, un Paese con le carte in regola. Non c’è stato momento della mia vita professionale precedente – continua Grasso – in cui non ho cercato la verità sull’assassino di Piersanti Mattarella, perchè i mandanti come sappiamo sono stati tutti condannati. E’ rimasta qualche ombra, come in tanti dei misteri del nostro Paese. Non dispero mai che la verità possa venire fuori. Depistaggi? Questa è la storia che c’è nelle carte processuali – conclude – e non c’è dubbio che c’è stato questo tentativo di depistaggio che lascia presuporre che ci siano delle parti ancora oscure che non sono state accertate”.
“Ancora oggi è valida la battaglia di Piersanti Mattarella – ha detto il Governatore Rosario Crocetta – e ancora oggi la Regione e questa terra devono essere liberati dai legami con la mafia, dalla sua presenza. Mattarella ha pagato con la vita questa lotta contro un sistema inquinato e infiltrato. Noi proseguiamo lungo questa strada”.
“Piersanti era un politico ed uno statista troppo avanti rispetto al tempo in cui ha vissuto – ha ricordato il sindaco di Palermo Leoluca Orlando – ed umanamente ed eticamente troppo diverso dalla politica del suo tempo. Un tempo in cui Palermo era governato dalla mafia, quella stessa mafia politica che lo ha ucciso. Noi oggi siamo qui per ricordare il sacrificio di un uomo delle Istituzioni, che per tanti di noi è stato un maestro che ha cambiato le nostre vite. A me, che avevo il privilegio di essere il suo Consigliere giuridico, toccò allora il compito, come ad altri suoi collaboratori, di indicare ai magistrati quello che pensavo fosse il movente dell’omicidio; di richiamare le responsabilità politiche della corrente andreottiana della Democrazia Cristiana, di Vito Ciancimino e della famiglia Salvo di Salemi”.
“Quel 6 gennaio del 1980 – ha aggiunto Orlando – ha determinato la mia scelta di vita di dedicarmi alla città e alla sua liberazione dalla mafia. La morte di Piersanti Mattarella ha portato una grave perdita per la Sicilia e per il suo percorso di sviluppo, riportandoci allora indietro nel tempo e costringendoci ancora oggi a dover recuperare nella nostra regione tanto tempo perso nella direzione dello sviluppo. La Presidenza della Repubblica di Sergio Mattarella ha concluso un percorso, come quella di Sandro Pertini ne concluse un altro. Allora la Presidenza di Pertini fece della lotta di liberazione e della resistenza un percorso davvero di tutto il Paese e non di una sua parte politica o geografica, oggi la presidenza di Sergio Mattarella conclude il percorso che fa della lotta alla mafia e del problema delle mafie non più solo un problema “regionale”, una malattia tropicale da curare con l’isolamento ma una questione nazionale; perché se è vero che la mafia e le mafie uccidono in alcune zone d’Italia è altrettanto vero che in tutta Italia e in tutta Europa iniettano il virus dell’economia drogata, della corruzione delle istituzioni e dell’intreccio perverso fra politica e criminalità. La grande differenza – ha concluso Orlando – rispetto a quel terribile 6 gennaio del 1980 è che oggi possiamo dire che quel percorso di liberazione lungo 36 anni non ha debellato la mafia, ma l’ha certamente estromessa dal governo della città”.