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Monreale, che scoperta! Dal terreno emerge l’antico convento del 1600

Nel corso del 2014, sulla scorta delle pregresse esperienze (nel 2008 e nel 2011 con le quali sono stati sostenuti 21 progetti, per un’erogazione complessiva di 8 milioni di euro)”, la Fondazione per il Sud “ha pubblicato una terza edizione del Bando per la valorizzazione del patrimonio storico-artistico e culturale nelle regioni meridionali, con l’obiettivo di promuovere e valorizzare l’uso ‘comune’ dei beni culturali, e permetterne un’ampia fruibilita’ da parte della collettività. Rispetto alle precedenti edizioni, la Fondazione ha deciso di adottare una procedura inedita, che svincola la proprietà dell’immobile con la progettualità che in esso sarà sviluppata, prevedendo due fasi distinte”.

Si tratta di beni per l’80% di proprietà di Enti Pubblici (76% Comuni), un 10% appartiene ad Enti Ecclesiastici, il restante rientra nella categoria Ville e palazzi storici, seguono luoghi di culto, castelli e fortezze, beni archeologici, beni di archeologia industriale e spazi di altra natura. Dei 221 beni proposti la Fondazione ne ha selezionati quattordici.  Cinque di questi in Sicilia: Villa Manganelli a Zafferana Etnea (Catania), Chiesa della Madonna della Raccomandata a Sciacca (Agrigento), Castello di Federico II a Giuliana (Palermo), Padiglione 10 e Padiglione 20 dei Cantieri culturali alla Zisa di Palermo. Nel corso della II fase dell’iniziativa, “gli immobili selezionati hanno partecipato al bando vero e proprio, che si e’ chiuso il 14 luglio, rivolto alle no profit del territorio per identificare le migliori proposte di interventi socio-culturali, economicamente sostenibili e capaci di favorirne la piena fruizione da parte della collettività mettendo a disposizione 4 milioni di euro”.

Ovviamente la nostra città non ha partecipato in alcun modo poiché non abbiamo alcuna notizia in merito né tantomeno vi sono candidature, del resto basta andare sul seguente sito e vedere il dettaglio dell’iniziativa (http://ilbenetornacomune.it).

Non parleremo adesso però del Castello di Federico II a Giuliana, ma di un altro bene sottratto invece del tutto all’uso comune e per giunta alla Memoria. Gli esperti del settore sono costretti a ricordarci delle cose e quando qualche settimana fa il consigliere Manuela Quadrante mi mostrò alcune foto a sorpresa. Io le dissi immediatamente di cosa si trattasse. Inoltre le persone della mia generazione che hanno avuto anche la fortuna di conoscere il lascito e la persona del professore Schirò, hanno memoria dell’ex Convento dei frati Cappuccini.

Una nota del Siusa (Sistema informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche n.d.r.) riporta che “I Cappuccini furono chiamati a Monreale nel 1580 dal cardinale Ludovico I Torres e si distinsero, per la loro vigorosa attività di culto e assistenza agli ammalati ed ai bisognosi. Dal 1662 il convento diventa luogo di studio dell’Ordine, dotato anche di una Biblioteca. Inoltre, il Comune si serviva dei Cappuccini per distribuire le elemosine. Dopo la legge di soppressione delle corporazioni religiose (R.D. n. 3036/1866) il convento venne incamerato e destinato a carcere mandamentale. La chiesa rimase aperta al culto e la Biblioteca assegnata al Comune”.

Oggi questo brandello di Monastero è venuto alla luce per scongiurare il pericolo degli incendi estivi a ridosso dell’ex seminario che ospita il Liceo Basile. E se dobbiamo dirla tutta il convento venne demolito proprio per fare spazio a tale orribile bubbone verde. Vediamo oggi i resti abbandonati di una cappella con affreschi molto deteriorati e che era certamente scomparsa dalla memoria della popolazione.

Dovremmo quindi promuovere operazioni che colleghino la salvaguardia del territorio e delle sue emergenze favorendo al tempo  percorsi di coesione sociale per lo sviluppo. Mi chiedo se sia giusto instillare ogni volta sentimenti di indignazione per incitare “a fare”.

Mi sconvolge il fatto di non trovare il disegno di una politica di lungo termine che cogliendo i tanti spunti riesca a strutturare politiche di sviluppo autopoietiche. Esistono fondazioni che sostengono centinaia di progetti “esemplari”, coinvolgendo migliaia di associazioni, cooperative, scuole, università, fondazioni, istituti ed enti, pubblici e privati, cittadini, soprattutto giovani.

Basterebbe un po’ di sana fatica per allargare lo sguardo e condividere anche altre buone pratiche avviate, nel sociale, tentando di provocare innovazione nei processi di comunicazione sociale. E occasioni per la salvaguardia e la connessione di beni culturali possono stimolare nuove e valide forme di impresa che ad oggi non partono e non sono incoraggiate.

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