Sino ad oggi ho solo sentito auspici, soddisfazione, proclami, non una sola voce a formalizzare a livello pubblico un vero e proprio tavolo tecnico di soggetti pronti a redigere un piano di azioni “fattive e concrete” per comprendere cosa accadrà nell’immediato, subito dopo l’ammissione nella World Heritage List.
Vi risparmio il clamore delle pompose sale congressuali che le tante sigle riempiono con difficoltà e le pseudo manifestazioni utili solo a cercare di impinguare nel futuro le casse degli organizzatori stessi. Affrontare la questione Unesco significa prendere profondamente in mano la “questione urbana” non limitandosi ai proclami pseudo minacciosi di chiusura del traffico o di altri escamotage alla Silvan. Non sono le Ztl a risolvere le criticità di sistemi urbani inadeguati, con strumenti superati e in ritardo sui tempi.
Mi appare quasi anacronistico cercare di pensare all’attivazione di processi partecipativi e per quanto ho visto in giro sembra che da una parte si continuino a delineare metodi, soluzioni e rappresentazioni e dall’altra ad avere gli abitanti che continueranno a non ottenere accesso alle politiche di piani e progetti. È solo una trappola del consenso e gli addetti ai lavori cercano di ritagliarsi una funzione comunicativa e di marketer, cioè di venditori e pubblicitari di “qualcosa”. Nessuno sino ad oggi mi ha parlato di impatto sociale del fenomeno Unesco fornendo informazioni di ricerca riguardo ai risultati ottenibili da un tale evento, definendo traiettorie di un possibile cambio sociale benefico e sistemando una logica di monitoraggio, del successo o del fallimento del progetto stesso, attraverso l’uso di una metodologia prettamente scientifica.
Certamente spero che qualcuno abbia realizzato una sorta di lettura del territorio innestando il “fenomeno Unesco” con le emergenze storiche e urbanistiche, dunque materializzando la reciprocità tra cittadini e i luoghi nel senso di comprendere i legami tra la sua cultura e l’abitare per arrivare a comprendere perché “lo stare in un luogo” ne rende più prezioso e appetibile l’invito al popolo dei turisti di unirsi alla nostra esperienza locale.
Oggi è il giorno del risveglio. Bisogna mettere in atto le strategie di comunicazione, muoversi con processi di apertura all’esterno che esaltino le prerogative e peculiarità del territorio e non l’arricchimento dei soliti “amici degli amici”. Bisogna costruire reti, offerte di spostamento, network di aziende, di proposte culturali, di ospitalità, di mobilità, emozionali, di percorsi della scoperta il più possibile improntate secondo una green economy.
Non dimentichiamoci che avere successo è relativamente semplice, ma ciò non implica la continuità e l’effettiva sopravvivenza dei sistemi che devono essere marcati da un reale talento espresso unendo un solido sapere e una abilità intellettuale necessariamente travalicante la mediocrità provinciale che sino ad ora abbiamo sperimentato.