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Le “visioni” di un uomo che da Favara ci insegnano a sognare

E’ il caso di dire che strane simmetrie risuonano nella mia mente. Soprattutto quando trovi quasi per caso un artigiano dedito a lavorare alla “cosa architettonica” con l’insistenza e la costanza di un sapiente musicista.

Un uomo desideroso di arrivare alla sua migliore esecuzione, di raggiungere la perfezione del ritmo, di suonare la sua stessa vita ed essenza e per fare ciò si spende in modo unico. Questo tipo di suono è il Sound che vi volevo descrivere, fatto di innumerevoli click di mouse ripetuti all’infinito e che alla fine costituiscono l’armonia di forme architettoniche singolari e contemporanee.

Nel fare tale accostamento penso a famosi batteristi che giorno per giorno tracciano come Buddy Rich o Billy Cobham la filosofia del ritmo jazz. Ho capito che in Sicilia si disegnano nuove rotte culturali, una nuova energia si avverte sulla base di fatti concreti trasformanti la realtà urbana e in riqualificazioni modulate su varia scala. Le strategie messe in atto da privati, oggi divenuti veri e propri imprenditori di arte e cultura, si tramutano in una consapevole volontà politica di spostare il baricentro isolano attraendo energie culturale in un moto centripeto e mutando le rotte del pubblico d’arte. Favara come Berlino?

Ho incontrato Lillo Giglia, un “architetto jazz”, l’ho visto padroneggiare la materia, nella doviziosa ricerca della corretta sintesi architettonica. Lillo propone, a Favara, un progetto incastonato nella Poetica di un Percorso costituito da una teoria di fatti architettonici densi di significati e figli del suo essere poliedrico. Le immagini a corredo di questo articolo raccontano la riqualificazione di un tessuto urbano sgranato dalla vetustà e dall’abbandono partendo dalla esperienza dilagante, esplosiva, coinvolgente del Farm Cultural Park.

Qui Vicolo Luna dal nome evocatore di ispirazioni desideri e sogni per antonomasia ha insito il potere di volare verso un futuro fatto di ben alte mete con una denominazione che tra l’altro sembra un brand ricercato e più che mai contestualizzato. Entrambe le esperienze sono una rassegna di forme che si sposano con la storia dei luoghi in modo organico, ricollocando nel tessuto urbano elementi in grado di tramandare il vissuto e conducono in un linguaggio di straniamento nuove matrici semiotiche e simbologiche. Vuoti e pieni come nuovo e vecchio riemergono e giocano volutamente nel contesto, affondando nel dialogo di ridefinizione fisico-compositiva.

Vecchie case dirute diventano centri di moderna aggregazione, centri polivalenti multifunzionali e capaci di attrarre eventi, risorse, investimenti, energie in un contesto pensato con gli occhi di un architetto visionario e appassionato. C’è un “plus” in ogni spazio, in ogni dettaglio, laddove Lillo Giglia propone nuove suggestioni risemantizzando gli stilemi linguistici di una cultura metropolitana, in un obsoleto contesto storico, proiettando così l’intera città di Favara verso un’era (digitale, contemporanea, europea, del web) che più gli è consona nel linguaggio e nell’idea progettuale. Attraversando le sue nuove architetture (ancora in divenire) mi è parso di percepire una ricerca trasversale, colta, connotata dal segno minimale trovato ora nella neutralità degli spazi grigi o nella scelta di grossi elementi in marmo monolitici e primordiali. Non c’è un uso sfrenato del razionalismo di ultima generazione, quanto lo sforzo artigianale di dialogare con la materia primigenia dove si tralascia la forma vetusta.

Ho toccato con mano una cornice idonea ad aprire e a mostrare la vena spirituale in grado favorire processi urbani e regionali atti a coinvolgere i sensi, l’arte e la vita. Antropizzare diversamente, dialogare con la storia e le preesistenze, coinvolgere il contesto sociale per attivare strategie economiche di scala partendo dall’intrinseco patrimonio di precipua vocazione territoriale. Non lo dirò a parole, ma il confronto con i miei/vostri esperti, politici e imprenditori locali non esiste data la incapacità a pensare fuori dagli schemi.

E’ sempre vero che Crisi è sinonimo di opportunità, scelta, discernimento e che gli ostacoli possono rimodularsi in opportunità e mi auspico pertanto che anche il nostro territorio monrealese un giorno possa avere il dono di essere ri-formato partendo da un sogno come fu nel medioevo con Guglielmo II.

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