La polizia sequestra beni al monrealese Paolo Giambruno

Redazione

Cronaca

La polizia sequestra beni al monrealese Paolo Giambruno
Il medico, presidente dell'ordine dei veterinari di Palermo avrebbe garantito con controlli illegali, un boss di Carini

08 Aprile 2015 - 09:00

Da questa mattina, la polizia sta eseguendo, a Palermo e provincia, un provvedimento di sequestro patrimoniale, ai sensi della normativa antimafia, nei confronti del direttore del Dipartimento di Prevenzione Veterinario dell’ASP di Palermo, nonché Presidente dell’Ordine dei Medici Veterinari della Provincia di Palermo, Paolo Giambruno. Il provvedimento è stato emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, su proposta della Procura della Repubblica, a conclusione delle indagini preliminari, del procedimento penale che vede coinvolte 29 persone tra cui funzionari, dirigenti dell’ASP ed imprenditori del settore alimentare, la cui attività investigativa è stata svolta dalla Digos della questura di Palermo.

I 29 soggetti, risultano allo stato indagati per reati contro la pubblica amministrazione ed inerenti la violazione della normativa di settore posta a tutela della salute pubblica nella commercializzazione di alimenti. Le indagini hanno evidenziato un sistema di cointeressenze, a livello imprenditoriale, intrattenute dal funzionario pubblico con un noto esponente mafioso, Salvatore Cataldo, uomo di spicco di “Cosa Nostra”, nell’importante centro di Carini (PA). Su altro versante delle indagini, sono emerse numerose irregolarità nell’ambito dei controlli sanitari esperiti dal Dipartimento di Prevenzione Veterinario dell’Asp, sulla qualità delle carni da destinare al consumo. Giambruno, risulta indagato per i reati di concussione, tentata e consumata, abuso d’ufficio, falso e truffa aggravata, commessi nell’esercizio delle sue funzioni. Le indagini, evidenzierebbero cointeressenze a livello imprenditoriale, intrattenute dallo stesso funzionario pubblico con il noto esponente mafioso della consorteria carinese Salvatore Cataldo, attualmente detenuto. Sarebbero emerse, responsabilità penali del funzionario e dell’esponente mafioso, per intestazione fittizia di beni, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, con l’aggravante di avere agito al fine di agevolare esponenti del sodalizio criminale appartenenti alla famiglia mafiosa di Carini, negli anni che vanno dal 2005 a tutto il 2013.

Le indagini, avviate sul finire del 2010, sono scaturite da una denuncia sporta negli uffici della Digos da parte di un medico veterinario del servizio sanitario pubblico, circa asserite illegalità commesse nella gestione del Dipartimento di Prevenzione veterinario dell’Azienda Sanitaria Provinciale. Le investigazioni, supportate da servizi di intercettazione telefonica ed ambientale, hanno consentito di deferire all’autorità giudiziaria 29 persone, destinatarie di avvisi di conclusione di indagini preliminari, tra le quali spiccano i nomi di numerosi funzionari e dirigenti del citato dipartimento veterinario, allevatori e amministratori di aziende, per reati che vanno dall’abuso d’ufficio, alla concussione, al falso ideologico, alla truffa aggravata fino al commercio di  sostanze alimentari nocive. Tra gli episodi contestati emergerebbe, tra gli altri, quello concernente i controlli sanitari esperiti dal Dipartimento Veterinario sulla qualità delle carni da destinare al consumo poiché, anche in questo delicato settore di intervento, spiegano gli inquirenti: “sono state segnalate condotte illecite del direttore del citato Dipartimento che sarebbero state realizzate, violando dettati normativi e deontologici, pur di tutelare gli  interessi di un allevatore senza scrupoli che avrebbe voluto commercializzare capi di bestiame infetti. Carni comunque bloccate solo grazie al tempestivo intervento della Polizia Giudiziaria”.

I servizi tecnici di intercettazione telefonica avrebbero messo in evidenza come il funzionario avrebbe accolto le doglianze dell’allevatore e tentato di favorirlo con la compiacenza di un veterinario suo dipendente. Ulteriori sviluppi sulla vicenda hanno visto porre sotto sequestro, l’intero allevamento dell’imprenditore, constatandone, attraverso consulenza tecnica disposta dalla Procura di Palermo, la diffusa presenza di lesioni infette significative e microscopicamente evidenti su alcuni bovini che sarebbero stati destinati, senza l’intervento della polizia, alla commercializzazione, al dettaglio. Altri casi riscontrati riguardano false certificazioni rilasciate al fine di consentire ad una azienda di prodotti dolciari di Carini e ad una di prodotti ittici di Lampedusa di poter esportare i rispettivi prodotti all’estero. Il sequestro di oggi, comprende conti correnti, conti deposito titoli e società, per un valore di alcuni milioni di euro: conti correnti e conti deposito titoli, intestati al Funzionario ed a suoi familiari; l’intero capitale sociale, nonché il complesso dei beni aziendali della società “Penta Engineering Immobiliare s.r.l.”, con sede legale a Palermo, con capitale sociale 100 mila euro, il cui amministratore unico e’ un familiare del funzionario; l’intero capitale sociale, nonché il complesso dei beni aziendali della società “Unomar s.r.l.” con sede legale a Carini (Pa), il cui amministratore unico è un familiare del funzionario; l’intero capitale sociale, nonché il complesso dei beni aziendali della società “Marina di Carini s.r.l.” con sede legale a Palermo, con capitale sociale di 72.531 euro il cui amministratore unico è un familiare  del funzionario.

“L’attento esame dell’ingente mole di documenti sequestrati nell’abitazione di Paolo Giambruno, – continuano dalla questura – e negli uffici a lui in uso presso la sede del Dipartimento di Prevenzione Veterinario dell’azienda sanitaria provinciale e dell’Ordine dei medici veterinari (atti di compravendita di beni mobili e immobili, atti di cessione di quote societarie, verbali di assemblee societarie, atti costitutivi e statuti di società aventi come ragione sociale la compravendita immobiliare e la vendita di barche da diporto, nonché la copiosa documentazione bancaria riconducibile ad operazioni finanziarie) avrebbe consentito di individuare le partecipazioni e le cointeressenze societarie del nucleo familiare del Direttore con quello del mafioso Salvatore Cataldo”.

Tra le numerose società di capitale quella che si sarebbe dimostrata più redditizia sarebbe stata la Penta Engineering Immobiliare, nel cui pacchetto societario figurava sin dalla sua costituzione il Cataldo, attraverso la sua società edile operante sul territorio di Carini. Non è un caso che tutti gli affari nel settore della compravendita immobiliare, sarebbero stati condotti e conclusi nel territorio carinese dove il Cataldo, esercitava il suo potere quale componente di spicco di quella famiglia mafiosa. Tale rapporto di cointeressenza societaria sarebbe continuato anche dopo che il Cataldo, nell’anno 2006, aveva ceduto le quote societarie della Penta Immobiliare al proprio figlio. Circostanza confermata dai numerosi assegni circolari rinvenuti e sequestrati in occasione delle cennate perquisizioni, attraverso le quali è stato possibile accertare che il funzionario si sarebbe fatto garante nei confronti del Salvatore Cataldo.

La ricostruzione della movimentazione di tali assegni, confermata anche da testimonianze rese negli uffici della Digos, avrebbe permesso di definire il ruolo di Paolo Giambruno che ad ogni affare individuato da Salvatore Cataldo, sarebbe intervenuto, con l’emissione di assegni dai propri conti correnti personali, a garanzia del buon esito dell’affare. Tra i numerosi titoli di credito sequestrati nell’abitazione del funzionario spiccano, per importanza investigativa,  quelli emessi da una società di Carini, riconducibile alla famiglia mafiosa dei Pipitone, con la quale il dipendente pubblico avrebbe concluso un affare immobiliare e quelli riguardanti l’acquisto e la successiva vendita di uno stabilimento industriale sito nell’agglomerato industriale di Carini che veniva acquistato per un importo di 2.685.575 euro e successivamente rivenduto a terzi per un importo di 3.250.000 euro. Anche in quest’ultimo caso la trattativa intrapresa da Salvatore Cataldo, sarebbe stata assistita dalla garanzia resa dal funzionario, attraverso l’emissione di assegni tratti dal suo conto corrente personale.

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