Camminando per le strade di Monaco di Baviera, si capisce subito di avere a che fare con una città costruita a misura di famiglia: piste ciclabili ovunque, marciapiedi spaziosi e sgombri, grandi e numerosi parchi giochi e spazi verdi, mezzi pubblici che danno la possibilità di spostarsi anche con passeggino ovunque. Insomma una città molto vivibile.
Ma quello che salta all´occhio di un osservatore nemmeno tanto attento, é l´altissimo numero di negozi italiani che ci sono a Monaco. Se poi allarghiamo la ricerca su internet, si scopre che le aziende aperte e/o gestite da italiani in Germania sono centinaia di migliaia. Funzionano, piacciono e hanno successo.
L´imprenditoria italiana é molto amata in Germania, perché qui la creatività, la qualità, la gentilezza, l´esuberanza italiana é invidiata, e anche parecchio! “Italienisch Firmen Hervorragendung” la chiamano, cioè l´Eccellenza dell´Imprenditoria Italiana. Facendo due chiacchiere con alcuni dei vari titolari, ho subito avuto chiaro che la maggioranza di questi era già un imprenditore in Italia.
Non hanno trasferito la loro azienda in Germania, bensì, essendo piccoli commercianti o artigiani, hanno dovuto chiudere in Italia schiacciati dalle tasse e dalle banche. Si sono trasferiti in Germania per lavoro, e qui hanno scoperto come attragga aprire un´azienda nella “Bundesrepublik Deutschland”. Attrae? Sì, attrae!
Come mai? Chiederete voi. Cominciamo dalla burocrazia, che si risolve in circa 2 ore. Infatti é questo il tempo che ci vuole per aprire una piccola azienda, 2 ore e 25 euro circa.
Inoltre data la possibilità di aprire delle Microimprese con una tassazione irrisoria, molti scelgono questa strada, dal momento che da la possibilità di arrivare a fatturare fino a 500.000 euro annui senza avere obblighi particolari ai fini contabili, senza bisogno di dichiarare (ma nemmeno scaricare) IVA, e con una tassazione su un utile massimo di 50.000 euro che arriva a non più del 25%, e che poi é l´unica tassa da pagare per le microimprese (o Start-Up).
In questo modo, lo Stato tedesco dà la possibilità di crescere pian piano senza bisogno di indebitarsi fino al collo e senza nemmeno essere schiacciati dalle tasse. Inoltre con questo sistema é più semplice reinvestire parte dei ricavi nella ditta stessa.
Superata questa soglia di fatturato (o di utile), si diventa Impresa a tutti gli effetti, dove la differenza sta fondamentalmente nel fatto che si tiene il conto dell´IVA (carico e scarico) e che la tassazione sull´utile, se supera i 50.000 euro, ha scaglioni del 28%, 33%, 38% e 42%. E queste sono tutte le tasse da pagare.
Quindi, senza essere geni in matematica, si capisce benissimo come sia effettivamente più gratificante avere un´azienda in Germania, piuttosto che in Italia, dove sono più le sigle che si devono pagare (IVA, Irpef, tasse regionali, tasse comunali, tasse rionali, tasse condominiali ecc…..) che gli articoli venduti in un negozio di ricambi auto. Da questo ben si comprende come mai molti decidono di chiudere in Italia ed aprire all´estero, in questo caso in Germania, un´azienda.
Basta pensare che nei primi 9 mesi del 2014, hanno chiuso i battenti in Italia ben 11.103 aziende, cioè 61 al giorno, considerando solo le dichiarazioni di fallimento, quindi escluse le aziende chiuse senza istanze fallimentari. Di contro, sul territorio tedesco nello stesso periodo sono state aperte 165 mila microimprese e 95 mila grandi aziende, numeri in leggera flessione rispetto al 2013, ma comunque notevoli!
Tradotto in soldi significa che il fisco italiano avrà meno entrate (e si parla di centinaia di milioni di euro) e, seguendo la logica degli ultimi 20 anni, aumenterà chissà quali tasse. Di contro il fisco tedesco si vedrà arrivare parecchie entrate (e anche qui si parla di centinaia di milioni di euro, se non miliardi) e, seguendo la logica degli ultimi anni, diminuirà le tasse.
Ma come vedono i tedeschi questo fenomeno? Pensano forse che gli italiani stanno loro rubando il lavoro? Provate a chiedere ad un tedesco cosa ne pensa della “Italienisch Qualität” (Qualità Italiana), c´é solo da rimanere a bocca aperta dalle risposte incredibilmente positive. Basta anche fare un giro al Großmarkthalle, il Mercato Generale della Frutta e Verdura di Monaco, il 95% delle aziende e dei lavoratori sono italiani, e i tedeschi di Monaco (incredibile) vanno fieri di questo gigantesco apparato.
Subito si avverte la sensazione di come la qualità italiana sia più apprezzata all´estero che nella propria nazione. Per esempio, quando io dico che sono nato a Palermo, nessun tedesco mi ha mai detto “mafia”, al contrario dell´Emilia , dove ho vissuto per anni, che non si lasciavano mai scappare l’occasione!
Ma qui a Monaco tutti (finora!) mi hanno sempre risposto “Palermo? l´ho vista! città meravigliosa, caotica ma meravigliosa”, oppure “Sicilia, un paradiso in Terra” o anche “Palermo? Un patrimonio artistico, culturale ed archittettonico incredibile!”…. c´é addirittura chi conosce il “Pane ca´ Meusa” e ne ha apprezzato il sapore particolare (non so peró se sappia effettivamente cosa sia).
Ma perché noi non siamo in grado di apprezzare e valorizzare quello che abbiamo in Italia? Ce lo invidia tutto il mondo, tranne che noi.
Sono bellissime le parole degli italiani emigrati all´estero intervistati alla fine del documentario “Girlfriend in a Coma”, di Bill Emmott (ex direttore della rivista britannica The Economist) e da Annalisa Piras (regista e giornalista per l´Espresso), che riassumendone il concetto dicono: “Italia? Sarebbe bello ritornarci, abbiamo il paese più bello del mondo. Ma poi, ripensandoci, non avrei mai potuto costruire una vita, una famiglia, un lavoro come ho fatto qui all´estero”.
E, tra la tristezza e la rabbia, aggiungo che io, parlando della mia esperienza personale, mi sono più sentito straniero in Italia, che non qui all´estero.
(FOTO TOURISMUSAMT MUNCHEN)