Un profumo inebriante. Un colore dorato unico. Sono quasi sensuali. Oggi è Santa Lucia. E, come tradizione, si mangiano solo arancine. Non chiamatele “arancini” se non volete essere guardati un po’ con disgusto. A Palermo ed in provincia sono arancine, donne.
Anche a Monreale la tradizione delle arancine è sacre. Già da ieri nell’aria si sentiva il profumo di fritto inconfondibile. “Noi preferiamo lavorare il giorno stesso – dice Toni Lucchese, del Bar Lucchese che ci invita in cucina -. Prepariamo solo i condimenti. Poi il riso lo facciamo al momento”.
Vasche di ragù, funghi e mozzarella di bufala, spinaci, salmone, tavolette di cioccolato fondente “le preferite dai bimbi, ma piacciono anche ai grandi”, dice Toni.
Le sue mani sono velocissime ed abili nel “modellare un’arancina. “Ho 23 anni e posso dire di essere nato qui dentro”, dice.
A Monreale l’arancina per il 13 dicembre è un appuntamento irrinunciabile. Ma i monrealesi rimangono scettici sulle novità: “Noi proponiamo vari gusti, come spinaci, salmone, funghi e mozzarella di bufala, 4 formaggi – dice Toni -, ma qui vanno di più le classiche: burro o carne”.
Le origini dell’arancina sono molto discusse ed avvolte dal mistero. Visto che molti utilizzano lo zafferano per condire il riso, si ipotizza che la ricetta sia da far risalire al periodo della dominazione musulmana. Mentre la panatura con mollica si pensa possa essere stata inventata nella corte di Federico II, che cercava cibi pratici da portare in viaggio durante le sue battute di caccia. La prima documentazione scritta che parli esplicitamente dell’arancina è il Dizionario siciliano-italiano di Giuseppe Biundi, che testimonia la presenza di “una vivanda dolce di riso fatta alla forma della melarancia”. Questo dato può indurre a credere che l’arancino nascesse come dolce, presumibilmente durante le festività in onore di Santa Lucia e solo in seguito divenisse una pietanza salata. In effetti pare che i primi acquisti di uno degli elementi tipici costituenti l’arancino salato, il pomodoro, siano datati 1852, cinque anni prima l’edizione del Biundi.
Sulla origine della versione dolce pure permangono notevoli dubbi: l’accostamento con Santa Lucia e i prodotti tipici legati ai suoi festeggiamenti aprono diverse possibilità di interpretazione. A Siracusa, secondo la tradizione, nel 1646 approdò una nave carica di grano che pose fine ad una grave carestia, evento ricordato con la creazione della “cuccìa”, un prodotto a base di chicchi di grano non macinato, miele e ricotta. Non è impensabile quindi che i primi arancini dolci siano una versione da trasporto della stessa cuccìa. In merito al legame tra i due prodotti e i festeggiamenti luciani, ancora oggi il 13 dicembre di ogni anno, è tradizione palermitana festeggiare il giorno di Santa Lucia, in cui ci si astiene dal consumare cibi a base di farina, mangiando arancine (di ogni tipo, forma e dimensione) e cuccìa.